giovedì 9 aprile 2015

Una fede


In ricordo di Ortensio
da Spinetoli




  Pochi giorni fa è morta una delle voci più autentiche del cristianesimo. Autentica, e in buona parte sconosciuta, e forse le cose vanno di pari passo.
  Può sembrare strano che un blog di questo tipo si occupi di una figura del genere, ma non lo è: perché anche se la Chiesa non rientra di diritto negli argomenti trattati, e per quanto io mi consideri agnostico, tuttavia ci sono persone il cui cammino può essere a buon diritto interpretato come un cammino verso l'unità tra gli esseri umani. Diverso è il punto di partenza da cui ogni uomo intraprende la propria strada, ma unico è l'obiettivo di una coscienza “olistica”: riconoscersi parte del tutto, senza alcuna discriminazione.
  Ortensio da Spinetoli era in questo senso una figura importante. Apparteneva sì alla Chiesa Cattolica – era Francescano – ma per essa ha costituito spesso una spina nel fianco. Una spina modesta, e tuttavia penetrante, capace di interpretare il messaggio cristiano a favore dell'unità e riconciliazione tra uomini, contro quindi un'interpretazione fondata sui giochi di potere e sugli interessi personali.
  Non a caso l'ex papa Benedetto XVI, quando ancora era il cardinale Ratzinger, gli proibì a un certo punto l'accesso alla Biblioteca Vaticana. In quanto teologo, Ortensio da Spinetoli aveva la facoltà di frequentarla: ma non furono ben accette le sue visioni di una Chiesa povera e vicina agli umili, nella più aderente fedeltà al messaggio francescano.
  Tra i molti libri pubblicati si potrebbe leggere a questo proposito “Francesco: l'utopia che si fa storia” (tutti i suoi libri sono disponibili, basta cercare in internet), in cui è palpabile, tramite la voce pacata dello studioso, il potente monito lanciato dal profeta Isaia (Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova, Is I, 16-17) che una sola cosa richiede da parte di Dio agli uomini che lo ascoltano: ovvero la giustizia sociale.
  Ebbi la fortuna di conoscerlo anni fa, in un incontro organizzato sulle colline del Monferrato da un gruppo di cattolici di “rottura”, che fin dagli anni '70 hanno scelto di vivere la loro fede in maniera alternativa. Si tratta di una cascina in cima a un cucuzzolo, un luogo dove si mangia e si beve bene, dove i bambini possono giocare liberamente, dove un uomo come Ortensio poteva dire messa all'aperto per chi la desiderava. Io avevo preferito giocare a pallone con i bambini presenti, ma ero riuscito a parlargli per un attimo dopo pranzo. Si era trattato di un paio di battute, ma quel dialogo mi aveva colpito, e ancora lo ricordo positivamente.
  Se anche voi desiderate per un attimo sentire la sua voce, potete leggere gli articoli apparsi negli anni '90 su Tempi di Fraternità, un'ottima rivista di fede, nel senso più ampio della parola. Sono passati quasi vent'anni da allora, ma la voce di un uomo ha questo di bello: che viaggia a una velocità superiore a quella del tempo, e a volte persino ci supera, dandoci uno scorcio di quello che può essere il futuro. Se appena lo vogliamo.



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