lunedì 3 febbraio 2014


Un respiro lungo cinquemila anni

Conversazione con Renata Carpignano, riflessologa, master Reiki, e naturalmente insegnante Yoga.





Da quanto tempo fai yoga?

Lo yoga fa parte della mia vita dal lontano 1998, anno in cui nella mia vita alcune cose erano finite ed era necessario un cambiamento. Avvertivo un movimento interiore che mi creava una sorta di insoddisfazione per lo stato attuale delle cose. Sostanzialmente c'era l'impulso per iniziare la ricerca di me stessa. Avendo come sottofondo musicale interiore quest'idea dello yoga, ma non trovando la sede dove praticarlo, ero un po' scoraggiata. Tuttavia l'Universo venne in mio soccorso: siccome io non andavo a cercare lo yoga, lo yoga è venuto da me. Entrò nella farmacia dove lavoravo la mia futura insegnante a portare delle locandine di una scuola che aveva la sede a due isolati dal luogo di lavoro. Espose questi volantini e alla prima occasione li andai a leggere. Il giorno dopo telefonai e prenotai la lezione di prova per la settimana successiva.

E lì è stato amore.

Amore a prima vista. È stata la comprensione della mia strada. Da quel momento lo yoga ha fatto parte della mia vita.

Quindi lo yoga come strumento di trasformazione?

Come inizio di un percorso di consapevolezza. Infatti la scuola che frequentavo si chiamava Prayana... Prayana ha una radice sanscrita che può essere fra le altre cose interpretata come “l'inizio di...”. E per me è stato veramente l'inizio di un percorso cominciato allora e che ancora non si è concluso. Lo yoga è stato il primo approccio di questo mio cambiamento, e attraverso di esso ho avuto modo di conoscere anche il Reiki, a cui ho aderito quasi subito. Da lì il mio percorso è stato ancora più intenso, perché da quando ebbi l'iniziazione al primo livello di Reiki (ora è Master, n.d.b.) tutto si è svolto alla velocità della luce.... una vera accelerazione..... È stato come il lancio di un missile nell'universo della conoscenza.

Nel corso degli anni sono fiorite tutta una serie di varianti dello yoga. Ma lo yoga è sempre uno?

Yoga significa “unione”. Può essere interpretato a seconda delle scuole, del maestro che l'ha introdotto in Europa e nel mondo occidentale in generale, può aver avuto interpretazioni diverse, perfezionamenti, adattamenti a quello che è lo spirito occidentale, ma in sostanza le āsana sono sempre uguali. L'impostazione delle pratiche yoga è sempre la stessa, passando attraverso il lavoro sul corpo (le āsana), attraverso la consapevolezza del respiro, all'educazione del respiro (gli esercizi del prānāyāma), alle forme di educazione della mente alla meditazione, attraverso vari mezzi che nello yoga spaziano dalla concentrazione sul respiro alla recitazione dei mantra, alla consapevolezza del corpo... sono tutti mezzi che portano la mente in uno stato di acutezza delle percezioni, di consapevolezza del proprio vero essere.
Poi lo Yoga si può chiamare in vari modi, ma alla fine lo scopo principale è il medesimo: unire se stessi alla propria vera natura e a tutto ciò che ci circonda. Nel capire che non c'è separazione tra noi e il resto, nel capire di essere goccia nell'oceano: di essere della stessa sostanza di tutto quello che ci circonda, quindi vibrazione pura, quindi suono puro.

Om?

Om (ride).

Se qualcuno ti dicesse “io non voglio fare yoga perché non mi piacciono le cose che hanno un'origine religiosa”, tu cosa risponderesti?

Intanto che lo yoga non è una religione. La sua attinenza con la filosofia induista serve semplicemente a noi occidentali per capire a livello mentale di cosa si sta parlando. Per spiegare gli effetti di ciò che si fa nello yoga, è necessario avere una cognizione di che cosa significhino determinate cose. È necessario a un certo punto capire la struttura del corpo energetico; che oltre al corpo fisico c'è un corpo emozionale, che ce n'è uno spirituale, che l'energia che attraversa il corpo transita per dei canali che si chiamano nadi, che ci sono dei centri energetici chiamati chakra che distribuiscono questa energia a livello del corpo fisico e anche a livello dei corpi sottili. Per cui l'attinenza con la religione è assolutamente forzosa. Ovviamente si può anche condividere qualcosa della filosofia induista, ma questa è una scelta personale, soprattutto per quanto riguarda la credenza nella reincarnazione e nelle leggi del Karma, che regolano appunto il ritmo delle rinascite. Detto questo, si può trarre fonte di ispirazione in senso lato, come lo si può trarre da qualunque altro libro importante facente parte della nostra cultura, dagli episodi dell'Odissea ad altri romanzi epici. Così ci sono dei testi che fanno parte della filosofia induista da cui si può trarre ispirazione, tipo la Bhagavad Gita, che è un episodio della Mahābhārata, il grande poema epico che descrive l'epopea indiana. Oppure da altri importanti testi vedici antichi, traendone quelli che sono gli insegnamenti metaforici. Lì è una scelta personale. Si può praticare yoga ed essere un cattolico fervente, per esempio. Per cui non c'è assolutamente attinenza tra chi pratica yoga e chi vuole invece aderire a un principio religioso.

All'inizio hai detto che quando stavi cercando la tua strada era come se seguissi una tua musica interiore, non sapendo ancora che ti avrebbe portato allo yoga. Quindi l'augurio è quello che ognuno segua la propria musica interiore...

Proprio così.... e saperne trascrivere gli accordi migliori!



PARALLELO ALLA RIGA #1

Francesco Piccolo, La separazione del maschio


Se uno sapesse che tutto ciò che accade ha una sua potenza naturale alla quale ci si adatta senza consapevolezza e senza preparazione, se uno sapesse che senza fare nulla è all’altezza del compito che gli è stato dato, affronterebbe la vita in modo diverso. Forse è per questo motivo che non deve saperlo.