martedì 4 novembre 2014


La forza tranquilla


Conversazione con Maria Viglione, insegnante di Qi Gong









Come sei arrivata al Qi Gong?

Al Qi Gong sono arrivata quando frequentavo la scuola di shiatzu. Erano degli esercizi che ci proponevano perché il Qi Gong fa parte della Medicina Tradizionale Cinese, insieme all'agopuntura, all'erboristeria e al massaggio TuiNa: e lo Shiatzu trae origine dalla Medicina Tradizionale Cinese. Per alcuni concetti come i cinque movimenti era importante fare riferimento al Qi Gong, attraverso cui era possibile comprenderli meglio.

E quindi oltre allo Shiatzu, lì hai cominciato a dedicarti anche ad altro.

Diciamo che attraverso quelle brevi esperienze, che dovevano essere limitate nel tempo, mi è nata invece la passione. Lo Shiatzu è composto di trattamenti tra operatore e ricevente, perciò implica la presenza di due persone; mentre la pratica del Qi Gong può essere fatta anche individualmente. Dal momento in cui ho sperimentato l'efficacia di questa pratica l'ho fatta mia e ho cominciato a praticare anche da sola. Mi sono appassionata sempre di più alla Medicina Tradizionale Cinese e ho cercato dei corsi per approfondire l'argomento.

Qual è il concetto di energia sotteso al Qi Gong? Suppongo che sia un po' diverso da quello occidentale...

Innanzitutto bisogna dire che “energia” è una traduzione della parola Qi (cinese) o Ki (giapponese), ma nella Medicina Tradizionale Cinese il concetto è molto più complesso. Ci sono tanti tipi di energia: i tre principali sono legati all'energia ancestrale, ovvero anteriore alla nascita – quella che ereditiamo dai genitori; poi c'è quella postnatale, ovvero quella che una volta nati respiriamo nell'aria e che traiamo dal cibo, dagli alimenti; la terza è quella che, una volta lavorata, circola nel corpo, e che non potrebbe esserci senza la nascita, la respirazione e la nutrizione.
È un'energia sottile che attraverso l'allenamento e la pratica si arriva a percepire.

Quando lavori con il Qi Gong lavori su tutti questi tipi di energia?

Esatto. Nel Qi Gong si lavora col movimento del corpo, e il movimento fa sì che si percepisca l'energia che scorre all'interno dei canali energetici. Ma si lavora anche per fortificare e mantenere il più possibile, senza sprecarla, quella famosa energia che si radica al momento del concepimento. La si può visualizzare in un punto preciso del nostro corpo, nell'addome, tra l'ombelico e il pube, che per i cinesi si chiama Dāntián; un centro energetico della grandezza di un tuorlo d'uovo. Dal momento del concepimento e del radicamento di quest'energia nell'individuo lo si può sempre visualizzare.
Qi Gong letteralmente vuol dire “lavoro sull'energia”, “coltivare l'energia”; questa energia che noi ereditiamo non può essere aumentata, anzi si consuma nell'arco della vita, e bisogna cercare di consumarne il meno possibile se la si vuole mantenere a lungo. Questo lo si fa con una buona alimentazione, un sano stile di vita, e un buon movimento.

Ed è per questo che nel tuo insegnamento figurano i “12 tesori taoisti: esercizi per la salute e la longevità”?

Nel Qi Gong ci sono tantissime frequenze che lavorano su un'energia piuttosto che su un'altra. Nei 12 tesori si lavora principalmente su quella dei reni, appunto perché i reni rappresentano tra le altre cose la capacità di procreazione. Queste tecniche erano mantenute segrete perché utilizzate soltanto dalle famiglie imperiali. All'interno delle famiglie imperiali erano consuetudine i matrimoni tra consanguinei: e però è risaputo che ciò comporta un indebolimento genetico. Per mantenere rinforzata la costituzione degli eredi venivano praticati questi esercizi, con lo scopo appunto di forzare la genetica.

Il Dāntián che hai citato prima appartiene ad uno schematismo simile a quello dei Chakra? Ci sono delle affinità con la fisiologia induista?

Non mi sono mai dedicata finora al fatto che ci possano essere delle corrispondenze o meno, ma direi di sì. Perché oltre al Dāntián (che significa “campo di cinabro”) collocato nell'addome, ci sono altri due centri energetici: il Dāntián mediano, che è quello posto nello sterno all'altezza dei capezzoli, e il Dāntián superiore, che è posto tra le sopracciglia. Di conseguenza, è molto probabile che questi tre centri abbiano delle corrispondenze con i Chakra della filosofia yogica.

Quando parlo del Qi Gong, la domanda che mi sento più spesso fare è: “ma è simile al Tai Chi”?

In effetti è simile, solo che è molto meno conosciuto. Sono pratiche che fanno parte della famiglia delle arti marziali, la differenza sta nel fatto che mentre le altre arti marziali (Tai Chi compreso) hanno sempre come obiettivo uno o più avversari esterni – sia che si tratti di pratiche di attacco o di difesa – nel Qi Gong l'avversario è interno. Noi diciamo “invisibile”: e questo è avversario è rappresentato dai nostri blocchi, dalle nostre difficoltà muscolari, dalle paure che ci portiamo dietro.

Perché dunque fare Qi Gong?

Per provare un modo diverso di conoscenza del proprio corpo. Per l'armonizzazione del nostro respiro, del nostro cuore. Per lo scioglimento dell'apparato muscolo-scheletrico. E per averne esperienza.
Dopo averlo provato si scoprono delle cose nuove, anzi, ci si riscopre. Noi abbiamo già tutto, e il nostro corpo ha grandi possibilità. Tutte le pratiche vanno bene. L'importante è che tutti trovino un modo per riscoprire le potenzialità che abbiamo, ma che spesso utilizziamo poco.
Parallelo alla riga # 10


 - Però, a essere sincera, io non lo so bene cosa sia il cuore. Che significato esatto abbia, in che modo sia meglio usarlo... per me è soltanto una parola.           - Il cuore non è qualcosa da usare,- risposi. - Semplicemente esiste. Come il vento. Basta che lei ne senta i movimenti.
                    Murakami Haruki, La fine del mondo e il paese delle meraviglie