La forza tranquilla
Conversazione con Maria Viglione, insegnante di Qi Gong
Come sei arrivata al Qi Gong?
Al
Qi Gong sono arrivata quando frequentavo la scuola di shiatzu. Erano
degli esercizi che ci proponevano perché il Qi Gong fa parte della
Medicina Tradizionale Cinese, insieme all'agopuntura,
all'erboristeria e al massaggio TuiNa: e lo Shiatzu trae origine
dalla Medicina Tradizionale Cinese. Per alcuni concetti come i cinque
movimenti era importante fare riferimento al Qi Gong, attraverso cui
era possibile comprenderli meglio.
E quindi oltre
allo Shiatzu, lì hai cominciato a dedicarti anche ad altro.
Diciamo
che attraverso quelle brevi esperienze, che dovevano essere limitate
nel tempo, mi è nata invece la passione. Lo Shiatzu è composto di
trattamenti tra operatore e ricevente, perciò implica la presenza di
due persone; mentre la pratica del Qi Gong può essere fatta anche
individualmente. Dal momento in cui ho sperimentato l'efficacia di
questa pratica l'ho fatta mia e ho cominciato a praticare anche da
sola. Mi sono appassionata sempre di più alla Medicina Tradizionale
Cinese e ho cercato dei corsi per approfondire l'argomento.
Qual è il
concetto di energia sotteso al Qi Gong? Suppongo che sia un po'
diverso da quello occidentale...
Innanzitutto
bisogna dire che “energia” è una traduzione della parola Qi
(cinese) o Ki (giapponese), ma nella Medicina Tradizionale Cinese il
concetto è molto più complesso. Ci sono tanti tipi di energia: i
tre principali sono legati all'energia ancestrale, ovvero anteriore
alla nascita – quella che ereditiamo dai genitori; poi c'è quella
postnatale, ovvero quella che una volta nati respiriamo nell'aria e
che traiamo dal cibo, dagli alimenti; la terza è quella che, una
volta lavorata, circola nel corpo, e che non potrebbe esserci senza
la nascita, la respirazione e la nutrizione.
È
un'energia sottile che attraverso l'allenamento e la pratica si
arriva a percepire.
Quando lavori con
il Qi Gong lavori su tutti questi tipi di energia?
Esatto.
Nel Qi Gong si lavora col movimento del corpo, e il movimento fa sì
che si percepisca l'energia che scorre all'interno dei canali
energetici. Ma si lavora anche per fortificare e mantenere il più
possibile, senza sprecarla, quella famosa energia che si radica al
momento del concepimento. La si può visualizzare in un punto preciso
del nostro corpo, nell'addome, tra l'ombelico e il pube, che per i
cinesi si chiama Dāntián; un centro energetico della grandezza di
un tuorlo d'uovo. Dal momento del concepimento e del radicamento di
quest'energia nell'individuo lo si può sempre visualizzare.
Qi
Gong letteralmente vuol dire “lavoro sull'energia”, “coltivare
l'energia”; questa energia che noi ereditiamo non può essere
aumentata, anzi si consuma nell'arco della vita, e bisogna cercare di
consumarne il meno possibile se la si vuole mantenere a lungo. Questo
lo si fa con una buona alimentazione, un sano stile di vita, e un
buon movimento.
Ed è per questo
che nel tuo insegnamento figurano i “12 tesori taoisti: esercizi
per la salute e la longevità”?
Nel
Qi Gong ci sono tantissime frequenze che lavorano su un'energia
piuttosto che su un'altra. Nei 12 tesori si lavora principalmente su
quella dei reni, appunto perché i reni rappresentano tra le altre
cose la capacità di procreazione. Queste tecniche erano mantenute
segrete perché utilizzate soltanto dalle famiglie imperiali.
All'interno delle famiglie imperiali erano consuetudine i matrimoni
tra consanguinei: e però è risaputo che ciò comporta un
indebolimento genetico. Per mantenere rinforzata la costituzione
degli eredi venivano praticati questi esercizi, con lo scopo appunto
di forzare la genetica.
Il Dāntián che
hai citato prima appartiene ad uno schematismo simile a quello dei
Chakra? Ci sono delle affinità con la fisiologia induista?
Non
mi sono mai dedicata finora al fatto che ci possano essere delle
corrispondenze o meno, ma direi di sì. Perché oltre al Dāntián
(che significa “campo di cinabro”) collocato nell'addome, ci sono
altri due centri energetici: il Dāntián mediano, che è quello
posto nello sterno all'altezza dei capezzoli, e il Dāntián
superiore, che è posto tra le sopracciglia. Di conseguenza, è molto
probabile che questi tre centri abbiano delle corrispondenze con i
Chakra della filosofia yogica.
Quando parlo del
Qi Gong, la domanda che mi sento più spesso fare è: “ma è simile
al Tai Chi”?
In
effetti è simile, solo che è molto meno conosciuto. Sono pratiche
che fanno parte della famiglia delle arti marziali, la differenza sta
nel fatto che mentre le altre arti marziali (Tai Chi compreso) hanno
sempre come obiettivo uno o più avversari esterni – sia che si
tratti di pratiche di attacco o di difesa – nel Qi Gong
l'avversario è interno. Noi diciamo “invisibile”: e questo è
avversario è rappresentato dai nostri blocchi, dalle nostre
difficoltà muscolari, dalle paure che ci portiamo dietro.
Perché dunque
fare Qi Gong?
Per
provare un modo diverso di conoscenza del proprio corpo. Per
l'armonizzazione del nostro respiro, del nostro cuore. Per lo
scioglimento dell'apparato muscolo-scheletrico. E per averne
esperienza.
Dopo
averlo provato si scoprono delle cose nuove, anzi, ci si riscopre.
Noi abbiamo già tutto, e il nostro corpo ha grandi possibilità.
Tutte le pratiche vanno bene. L'importante è che tutti trovino un
modo per riscoprire le potenzialità che abbiamo, ma che spesso
utilizziamo poco.